Anche quest’anno le temperature record registrate a giugno nella Siberia artica, combinate a condizioni di superficie più asciutte, hanno creato le condizioni ideali per lo sviluppo di numerosi e ampi incendi.
Il mese scorso gli incendi nella Siberia nord-orientale, in Jacuzia, Chukotka e in misura minore in parti dell’Alaska e dello Yukon, hanno rilasciato nell’atmosfera 59 milioni di tonnellate di CO2.
Valore che è superiore alle emissioni record degli incendi nella stessa area nel mese di giugno dell’anno scorso, ovvero 53 milioni di tonnellate di CO2.
Sempre a giugno 2020 la copertura nevosa in Siberia ha raggiunto il minimo storico per il periodo. Meno superfici innevate significa meno capacità di riflettere i raggi solari, andando così a incrementare il riscaldamento del terreno e favorendo la formazione di grandi incendi.
A questo si somma il pericolo che il progressivo riscaldamento del terreno della regione provochi la fuoriuscita del metano, il peggiore gas serra, intrappolato sotto al permafrost.
Uno studio della US National Oceanic and Atmospheric administration afferma che il riscaldamento dell’artico causerà eventi meteorologici estremi in tutto il mondo.