A Pasqua, monsignor Lovignana guarda con speranza al futuro: «quando il Signore ci richiamerà alla vita, ricostruiremo e nessuno si perderà»

Scritto da aostapresse

12 Aprile 2020 - 14:00
Monsignor Franco Lovignana durante la messa di Pasqua

«Come mi è difficile pronunciare quest’anno la parola festa. Eppure il Signore risorto ci dice che il suo amore è più forte del male e della morte, anche della malattia che ci minaccia in questo tempo». Con queste parole il vescovo di Aosta, Monsignor Franco Lovignana, ha iniziato la Santa Messa del giorno di Pasqua, domenica 12 aprile.

«La pagina di San Giovanni descrive bene la fede del credente sempre e ancor più in questo tempo faticoso e doloroso – ha sottolineato nell’omelia di Pasqua – Essa non è quasi mai certezza solare, si muove per lo più nei chiaroscuri dei segni della presenza e dell’azione di Dio. Maria di Magdala trova il sepolcro aperto, ma non vede subito Gesù. Possiamo solo immaginare quali interrogativi, speranze e paure ciò suscita nel suo cuore. Così corre da Pietro e Giovanni. Corrono anch’essi al sepolcro. Pietro vede. Giovanni vede e crede. Entrambi non avevano ancora compreso la Scrittura, cioè che Gesù doveva risorgere dai morti. Eppure qualcosa cambia la loro vita. È l’incontro con il Risorto, ripetutosi più volte nei giorni seguenti la Pasqua. Un incontro ancora segnato da luci e ombre: intuiscono che è Gesù, ma non ne sono sicuri, quasi non osano sperare tanto; lo riconoscono, ma temono; lo adorano, ma dubitano».

«Come non riconoscerci nella loro esperienza, fratelli e sorelle? – si è chiesto Monsignor Lovignana – come li sentiamo vicini in questo momento di grande incertezza per la nostra vita, per le nostre famiglie e comunità. Gesù risorto, però, ci viene incontro, adesso come allora. Gli Apostoli lo incontrarono la sera di Pasqua, radunati nel cenacolo per quella che sarà la prima domenica della storia. Gesù parla a noi come a loro: “Pace a voi; a noi come a loro dona il suo Spirito: Ricevete lo Spirito Santo”. La missione, la vita, la testimonianza cristiana diventano possibili, adesso come allora: “Dio lo ha risuscitato… e volle che si manifestasse… a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che… chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”».

«Ecco, carissimi, questa domenica, l’ultima della storia in ordine di tempo, ma è come la prima – ha rimarcato il vescovo – Gesù si fa presente in mezzo a noi, nella Parola e nel Pane eucaristico, e ci dona lo Spirito. Ben poca cosa agli occhi del mondo, ma per noi, che abbiamo la vista potenziata dalla fede, l’Eucaristia domenicale è il lievito che fa fermentare la pasta. Apparentemente insignificante, come il lievito che sparisce nella pasta, eppure capace di cambiare la vita. Il cristiano che partecipa alla Messa è come il contadino che sa che nel suo campo non ci sono ancora i fiori e i frutti ma sotto il velo della terra la vita lavora per portare grande abbondanza. Vi auguro di vivere così questa domenica di Pasqua e questi giorni pasquali segnati ancora dalla preoccupazione, dalla sofferenza di tante persone e dalla fatica, ma anche attraversati dalla speranza che scaturisce dal sepolcro vuoto di Cristo. Dio è più forte della morte!».

«Cari bambini arricchite l’altare domestico della vostra casa con un disegno di Gesù risorto che incontra i suoi discepoli – ha quindi chiesto Franco Lovignana ai fedeli più giovani – sarà l’immagine più bella e preziosa che la vostra famiglia vorrà conservare per celebrare ogni anno la Pasqua di risurrezione. Tra poco tutti condivideremo la mensa pasquale, certamente più sobria e un po’ velata quest’anno, ma non manchi la gioia profonda, quella del cuore, di sentirci nelle mani di un Padre buono che non ci abbandona, come non ha abbandonato il suo Figlio nel sepolcro, ma lo ha richiamato alla vita. Portiamo questa speranza nella preghiera con la quale ci metteremo a tavola: il Signore ci richiamerà alla vita e, insieme, rimboccandoci le maniche, con la forza del suo Spirito ricostruiremo e nessuno si perderà. Perché così accada, invoco su ogni famiglia e ogni persona la benedizione di Dio che raggiunga tutti, proprio tutti, ogni casa della nostra cara Valle».

All’inizio del Triduo pasquale, il 9 aprile, nella Missa in Coena Domini del Giovedì Santo, il vescovo di Aosta aveva ricordato ai fedeli che «da un mese ormai siete privati della comunione sacramentale, ma non certo della comunione al Signore Gesù. Infatti, assistendo alla Messa trasmessa per radio o in streaming, come adesso, siete invitati a fare spiritualmente comunione con Gesù. La comunione spirituale è l’espressione del desiderio interiore di unirsi al sacrificio di Gesù con le nostre gioie e le nostre sofferenze. E questa comunione, quando animata dalla fede e dall’amore per Gesù, produce il suo effetto di unirci intimamente a Lui».

Richiamando la lavanda dei piedi ha aggiunto, citando: «”Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni agli altri”. Gesù avrebbe potuto lavare i piedi a tante persone, ma ha scelto di compiere questo gesto verso coloro che gli erano più vicini. Più facile, potrebbe dire qualcuno. In realtà, no. E lo sappiamo bene. A volte la carità più difficile è quella che diamo talmente per scontata che non la pratichiamo proprio. Ripartiamo anche noi da chi ci vive accanto e ora in maniera ancora più continuativa. Compiamo piccoli gesti di carità tra le mura di casa: un sorriso, una carezza, un aiuto, una parola detta, una parola trattenuta. Forse in questa lunga quarantena si sono anche accumulate tensioni e incomprensioni; ebbene questo è il momento per un gesto di distensione fatto di comprensione, di perdono, se necessario, di desiderio condiviso di ripartire con il piede giusto. Anche voi giovani, ragazzi e bambini non mancate questo appuntamento che vi permette di essere un piccolo lievito di bontà, di gioia e di speranza per la vostra famiglia».

«Gesù porta nella sua carne la sofferenza degli uomini – aveva poi evidenziato il 10 aprile, nella Celebrazione della Passione del Signore del Venerdì Santo: – “egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”. Mai come in questo momento sentiamo la verità di questa parola e anche la sua forza. Quanta sofferenza, quante paure, quanta angoscia sembra cadere nel vuoto in questi giorni. La croce ci dice che nulla cade nel vuoto, tutto è raccolto nel cuore di Gesù trafitto per amore nostro». Tutto entra in questa fornace d’amore e viene da Lui offerto al Padre. Si realizzano così le parole del Salmo: “Nell’ora della paura io in te confido. I passi del mio vagare tu li hai contati, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: non sono forse scritte nel tuo libro?” (Sl 56, 4.9)».

«Vegliamo in preghiera, distanti ma uniti nella fede – ha quindi sottolineato l’11 aprile, nella Veglia Pasquale del Sabato Santo – per rivivere insieme la Pasqua del Signore ascoltando la sua Parola e celebrando la sua risurrezione. Vi consegno tre Parole per illuminare il tempo che stiamo vivendo con il suo carico di sofferenza, di preoccupazione e di restrizione. “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”. Dopo aver creato l’uomo e la donna, Dio si compiace della sua opera. La creazione è buona perché Dio è buono. Anche nel dramma non dobbiamo perdere questo sguardo di fede».

«Il grazie a Dio si traduca in gratitudine per le persone che vicino a noi ci hanno accompagnato e aiutato nel percorso di queste settimane e continueranno a farlo – ha ribadito Monsignor Lovignana – ai bambini suggerisco di esprimere il loro grazie a papà e mamma con un forte abbraccio. Il grazie raggiunga, attraverso la preghiera, coloro che stanno lottando per salvare la vita del prossimo o per assicurare le condizioni essenziali di vita a tutta la comunità. “L’anima mia ha sete di Dio… quando verrò e vedrò il volto di Dio?”. Il desiderio di Dio si è espresso in questi giorni come invocazione accorata e, a volte, come grido verso di Lui che sembra tacere e non intervenire. La risposta ci viene dagli angeli della risurrezione: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”. E allora prendiamo coscienza che Lui, il Risorto, è accanto a noi e, con la sua Parola e la sua grazia, si fa luce e forza per illuminare e sostenere i passi di tutti. Il suo sguardo non si è ritratto dall’umanità e noi continuiamo a chiedergli ciò che ora ci sta più a cuore: la guarigione dei malati e la liberazione dal male oscuro che ci tormenta».

«Nel desiderio di Dio possiamo deporre questa sera anche tanti altri desideri che abitano il nostro cuore – ha evidenziato il vescovo della diocesi di Aosta – il desiderio di poterci incontrare, di celebrare insieme l’Eucaristia; il desiderio di riprendere le attività produttive, di avere le risorse necessarie per non lasciare indietro nessuno; il desiderio di riabbracciare i propri cari. Penso in particolare al desiderio dei nonni e dei giovani innamorati. Anche voi deponete in Dio il vostro desiderio e l’attesa non sarà senza frutti di vita per voi stessi e per tutti».

Fonte: Diocesi di Aosta

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