“Da esempio a maglia nera”. Il “Corriere della Sera” critica pesantemente la gestione dell’emergenza sanitaria in Valle d’Aosta

Scritto da aostapresse

15 Aprile 2020 - 19:30
L'articolo di Giusi Fasano pubblicato sul 'Corriere della Sera'

“Da esempio a maglia nera. Il crollo della Valle d’Aosta”. E’ questo il titolo della notizia pubblicata mercoledì 15 aprile dal “Corriere della Sera”, a pagina 16, sotto quella intitolata “Il Molise virtuoso: nessun nuovo caso” ed a fianco a quella che racconta la situazione della Provincia di Cremona “record di malati” tra “over 65” ed inquinamento.

“È stata l’ultima raggiunta dal virus eppure oggi conta la più alta percentuale di contagi in rapporto al numero di abitanti – scrive la giornalista Giusi Fasano – Stiamo parlando della Valle d’Aosta, «ideale e sicura» diceva uno slogan del governo regionale di Renzo Testolin il 27 febbraio: era un invito per i turisti mentre Codogno era in piena emergenza. Il contagio zero è durato fino al 4 marzo, poi il crollo. Adesso si contano 75 infetti ogni 10mila abitanti e, per fare un
confronto, in Lombardia sono 61, in Trentino Alto Adige 50, in Emilia-Romagna 46, in Piemonte 40, in Veneto 30. Malgrado il vantaggio di essere rimasta indenne così a lungo, la Valle d’Aosta è diventata un caso anche se in termini assoluti le cifre sono contenute (947 positivi e 118 morti)”.

“Che cosa ha fatto esplodere il virus? – si chiede l’articolo – La risposta più plausibile è la folla di turisti arrivati sulle piste da sci (anche su invito di quello slogan, «ideale e sicura») nel weekend 6-8 marzo. E poi si presume che un altro fronte sia stato quello dei contatti iniziali non protetti fra parenti e operatori con gli anziani ospitati nelle case di cura dove, come ovunque, il coronavirus si è moltiplicato velocemente e ha fatto strage. La piccola comunità di Pontey, 360 famiglie, è stata l’unica zona rossa, dal 23 marzo fino a cinque giorni fa. Prima che lo diventasse, la regione aveva scritto un nuovo comunicato per i non residenti: se vi ammalate non siamo in grado di curarvi tutti assieme, tornate a casa”.

«Convinti di essere dei piccoli giganti ci siamo accorti di essere solo piccoli uomini – hanno commentato, su “Facebook”, i consiglieri regionali di “Vdalibre” Stefano Ferrero e Roberto Cognetta (che si era ammalato di “covid-19”), pubblicando l’articolo del “Corriere” – la Valle d’Aosta, dopo anni di “grandeur”, di “semo i mejo”, di “abbiamo la sanità migliore d’Italia” si sveglia da questo sogno psichedelico, drogato dai soldi del riparto fiscale, e si scopre per quello che appare, i dati lo confermano senza appello: siamo la peggiore regione d’Italia».

«I perché di questa débâcle sono evidenti – hanno continuato – ma si nascondono dietro i comunicati stampa trionfalistici dell’assessore Mauro Baccega e del presidente pro tempore Renzo Testolin; i piccoli numeri rapportati alla popolazione sono giganteschi, i peggiori, appunto, d’Italia. La politica di un tempo fatta dello spezzettamento delle competenze sulla gestione anziani tra tanti Enti (Regione, Comuni, Unités, Usl, ospedale, territorio, eccetera) per 125.000 abitanti in modo da massimizzare il consenso elettorale in tanti piccoli o piccolissimi feudi, ha creato, quando si è affrontato l’emergenza “coronavirus”, la sconfitta che abbiamo sotto gli occhi».

«Cosa possiamo fare? – si sono chiesti i due consiglieri regionali di “Vdalibra” – magari ascoltare le cassandre che hanno detto per anni che questo sistema era deleterio e che stava facendo collassare la nostra piccola autonomia? Magari ragionare sul fatto che dare la responsabilità di un reparto ospedaliero o la gestione di una “micro” ad una Unité solo per ritorno elettorale crea morti a grappoli? Il problema è complesso ma si risolve con soluzioni radicali che fino a qualche settimana fa erano giudicate inaccettabili. La gestione delle “micro” deve essere tutta in capo all’Usl, non possiamo più permetterci ciò che è accaduto in questa emergenza, le direttive, i controlli, gli acquisti, le assunzioni, la formazione del personale le azioni rispetto alle emergenze, tutto deve fare capo ad un’unica Direzione».

«Se qualche sindaco non è d’accordo se ne faccia una ragione, se qualche assessore preferisce il privato nella gestione delle “micro” se ne faccia una ragione – hanno concluso Stefano Ferrero e Roberto Cognetta – le altre Regioni ci hanno insegnato che la sanità deve essere pubblica e che la Direzione deve essere univoca altrimenti i nostri anziani diventeranno una specie in via di estinzione con buona pace della politica feudale a cui qualcuno ancora crede. Il feudalesimo è finito!».

Fonti: “Corriere della Sera” di mercoledì 15 aprile e pagina “Facebook” di “Vdalibra”

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