«L’emergenza “coronavirus” e la necessità di ricoverare pazienti con grave insufficienza respiratoria in reparti di terapia intensiva o sub-intensiva potrebbe pregiudicare il ricovero in questi reparti dei casi di ictus cerebrale, sia emorragici che ischemici. O addirittura, trasformare i posti letto delle “stroke unit” o “unità ictus”, in posti letto per “covid-19”. Un’eventualità da non sottovalutare in questo periodo con tanti esperti improvvisati di assistenza sanitaria».
L’allarme è stato lanciato dal dottor Giuseppe D’Alessandro, già primario della Struttura di neurologia e “stroke unit” dell’ospedale di Aosta e fondatore e “past president” di “A.L.I.Ce. Italia – Associazione per la lotta all’ictus cerebrale”: «sarebbe un grave errore – aggiunge – perché in questi anni, soprattutto nelle regioni del Nord o del Centro-Nord dove sono state create queste strutture si è dimostrato in modo inequivocabile che il ricovero nelle “stroke unit”, non solo riduce la mortalità , ma nei sopravvissuti riduce in modo significativo anche la disabilità. L’ictus cerebrale è una grave malattia che ogni anno colpisce più di 150mila persone e non solo anziane. Un approccio tempestivo soprattutto nelle prime ore può fare la differenza. Le attuali terapie, la trombolisi, sia farmacologica che meccanica, sono molto efficaci se praticate per l’appunto in strutture dedicate e da personale esperto. Anche per l’emorragia sub-aracnoidea, che interessa soprattutto donne giovani, vale lo stesso discorso. La radiologia interventistica e le tecniche neurochirurgiche hanno fatto miracoli in questi ultimi anni, ma la loro efficacia potrebbe essere messa a dura prova se poi non ricoverati e monitorati in reparti di terapia intensiva».
«Una volta superata l’emergenza “covid-19” i nuovi posti di terapia intensiva e subintensiva che si stanno creando potrebbero essere riciclati per aumentare la disponibilità di “stroke unit” – propone D’Alessandro – soprattutto al Sud, dove, utilizzando un eufemismo, scarseggiano, o peggio sono del tutto assenti, in alcuni ospedali, col risultato che molti casi di ictus non vengono trattati secondo i protocolli standard. Che almeno il “coronavirus” ci lasci qualcosa di positivo».
Fonte: profilo “Facebook” di Giuseppe D’Alessandro
Dr. Giuseppe D’Alessandro – Neurologo – F