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“Don Alì”, il sedicente capo dei maranza trasferito a Brissogne: il caso che ha scosso Torino

redazione aostapresse.it

sabato 13 Dicembre 2025 • h. 11:00

“Don Alì”, il sedicente capo dei maranza trasferito a Brissogne: il caso che ha scosso Torino

di redazione aostapresse.it | Sab 13 Dic 25 – h. 11:00

È stato trasferito nel carcere di Brissogne per ragioni di sicurezza Said Alì, 24enne noto sui social come “Don Alì” e autoproclamatosi “capo dei maranza” di Barriera di Milano, quartiere popolare di Torino. La misura cautelare fa seguito al suo arresto, venerdì 21 novembre 2025, da parte della Squadra mobile di Torino, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip, su richiesta della Procura guidata da Giovanni Bombardieri.
Il ragazzo è accusato di atti persecutori (stalking) e diffamazione aggravata ai danni di un insegnante di scuola elementare torinese.

La fuga e l’arresto nelle cantine

Il tentativo di arresto era scattato nella serata di giovedì 20, ma Don Alì era riuscito a fuggire, rendendosi irreperibile per circa 24 ore. È stato poi bloccato nella notte di venerdì 21, dopo un inseguimento a piedi, mentre si nascondeva nelle cantine di un palazzo di Barriera di Milano, dove vive con il padre. Secondo la ricostruzione investigativa, sarebbe stato protetto da alcuni connazionali del quartiere.
Questa volta, a differenza di quanto fatto in passato, non ha filmato né pubblicato nulla sui social ed al momento dell’arresto non aveva con sé il telefono cellulare, probabilmente gettato per timore di essere intercettato.

La spedizione punitiva contro il maestro

All’origine dell’inchiesta c’è un episodio avvenuto a fine ottobre, quando Don Alì, insieme a due complici di 24 e 27 anni (ora sottoposti all’obbligo di firma), ha affrontato un insegnante dell’Istituto delle Immacolatine mentre stava andando a prendere la figlia di tre anni e mezzo. I tre lo hanno minacciato e accusato pubblicamente di maltrattamenti e pedofilia, sostenendo, senza alcun riscontro, che la vittima avesse preso di mira una presunta nipote di Don Alì. Accuse risultate totalmente infondate: dagli accertamenti è emerso che nella scuola non risultano alunni riconducibili alla famiglia del giovane.
Davanti alla bambina terrorizzata, l’insegnante ha scelto di non reagire, limitandosi a proteggere la figlia. Le frasi pronunciate, secondo gli atti, includevano anche una minaccia esplicita: «la prossima volta agiremo in altra maniera».

Don Alì nel video mentre minaccia il maestro elementare

Don Alì nel video mentre minaccia il maestro elementare

I video sui social e i 222mila follower

L’aggressione è stata filmata e diffusa sui social dallo stesso Don Alì, che ha costruito negli anni un seguito di oltre 222mila follower su TikTok, basato su contenuti violenti, provocatori e su una narrazione di controllo del territorio.
Proprio la diffusione dei video è uno degli elementi che ha rafforzato l’accusa di diffamazione aggravata e stalking, contribuendo, secondo la Procura, a creare un clima di intimidazione reiterata nei confronti del docente.
In Questura, davanti al dirigente della Squadra mobile Davide Corazzini, il 24enne, che online si mostrava spavaldo e provocatorio, era scoppiato in lacrime per diversi minuti ribadendo di considerarsi un «punto di riferimento» per il quartiere.
Quando gli investigatori gli hanno fatto notare che, nei mesi recenti, a Barriera di Milano si erano verificati centinaia di scippi ai danni di anziani, attribuiti a gruppi di giovani, Don Alì è rimasto in silenzio.
Il giudice, nel motivare la custodia cautelare, aveva sottolineato «l’attualità della pericolosità» dell’indagato e il concreto pericolo di reiterazione del reato.

L’intervista a Le Iene e la costruzione del personaggio

Nel pieno dell’escalation mediatica, Don Alì aveva anche accettato di farsi intervistare dalla trasmissione “Le Iene”, in un servizio realizzato dall’inviato Luigi Pelazza e andato in onda l’11 novembre. Un passaggio che ha contribuito in modo decisivo a definire il personaggio pubblico del 24enne e il suo rapporto distorto con l’esposizione mediatica.
Nel corso dell’intervista, Alì si è presentato apertamente come “maranza”, rivendicando il proprio ruolo di capo e punto di riferimento del quartiere Barriera di Milano, con un linguaggio aggressivo e una narrazione improntata all’idea di una presunta “giustizia fai da te”. Davanti alle telecamere ha ribadito le accuse nei confronti dell’insegnante, nonostante l’assenza di qualsiasi riscontro, e ha continuato a usare toni intimidatori, arrivando a lanciare avvertimenti e minacce verbali che hanno finito per rafforzare il quadro accusatorio.

L’intervista, tutt’altro che collaborativa, è stata caratterizzata da provocazioni continue, atteggiamenti di sfida e tentativi di intimidazione anche nei confronti dello stesso Pelazza, che è un ex Carabiniere. Un comportamento che ha mostrato come la violenza verbale e simbolica non fosse un episodio isolato, ma parte integrante di una strategia comunicativa costruita per i social: visibilità, consenso, paura e spettacolarizzazione del conflitto.
Il servizio televisivo ha così messo in luce il cortocircuito tra notorietà online e percezione di impunità, con Don Alì che sembrava muoversi costantemente sul confine tra esibizione e minaccia, utilizzando le telecamere come ulteriore strumento di legittimazione del proprio ruolo. Elementi che, secondo gli inquirenti, contribuiscono a delineare una personalità incline alla reiterazione delle condotte contestate e che si inseriscono nel più ampio contesto di atti persecutori e diffamatori oggetto dell’indagine.

Un frame del servizio delle 'Iene' su Don Alì

Un frame del servizio delle ‘Iene’ su Don Alì

Dalle minacce all’aggressione ai giornalisti

L’intervista a “Le Iene” non è rimasta un episodio isolato, ma ha segnato un ulteriore salto di qualità nell’escalation che ruota attorno alla figura di Don Alì. Pochi giorni dopo, l’attenzione mediatica sul suo conto si è tradotta in un nuovo episodio di violenza, questa volta ai danni di una troupe televisiva.
Durante le riprese di un servizio della trasmissione “Dritto e Rovescio” nel quartiere Barriera di Milano, l’auto degli inviati è stata assalita e danneggiata, con il parabrezza infranto da un colpo inferto con una mazza chiodata. Un’azione che ha costretto i giornalisti ad allontanarsi.
Secondo quanto riportato nel provvedimento del giudice, dagli accertamenti investigativi emergono elementi tali da ricondurre l’aggressione alla stesso Don Alì, un passaggio che rafforza, nella valutazione del gip, il rischio di reiterazione del reato e il quadro di pericolosità attuale dell’indagato.

Il filo che lega l’intervista televisiva, le minacce pubbliche e l’episodio violento contro la troupe è lo stesso: l’uso dell’esposizione mediatica come strumento di intimidazione, in un contesto in cui la visibilità sembra diventare parte integrante della condotta contestata dagli inquirenti.

Il trasferimento ad Aosta

In un primo momento il giovane era stato condotto al carcere torinese delle Vallette, detenuto in isolamento. Successivamente, per ragioni di sicurezza e ordine pubblico, è stato disposto il trasferimento nella casa circondariale di Brissogne, dove si trova attualmente.
La difesa, affidata all’avvocata Federica Galante, ha avanzato richiesta di misura alternativa alla detenzione, sulla quale il Riesame non si è ancora pronunciato. Proseguono intanto le indagini sulle responsabilità dei complici e sugli ulteriori episodi collegati all’attività social e intimidatoria del gruppo.