C’è stata una discussione tra Enrico Bucci, biologo, ricercatore e professore universitario, e l’Institut agricole régional (IAR) di Aosta attorno alla richiesta di sperimentazione sull’acqua informata, un preparato presentato come rivoluzionario per l’agricoltura, ma privo di fondamento scientifico, dopo che la questione era approdata in Consiglio regionale.
Enrico Bucci, in due articoli pubblicati su sito del quotidiano Il Foglio, uno il 15 luglio, sulla petizione on-line ed un altro il 19 luglio sul silenzio dell’IAR sulla questione (dopo che ne aveva già scritto a maggio), ha criticato duramente l’iniziativa popolare che chiede di sperimentare l’acqua informata, considerandola un esempio di pseudoscienza sfruttato per fini elettorali. La sua analisi evidenzia la mancanza totale di basi scientifiche del preparato, descritto in termini vaghi e suggestivi come «acqua stabilizzata con pietre semi-preziose», l’inattendibilità dei dati di campo presentati dai promotori, privi di criteri statistici validi, il rischio di danni agronomici concreti, nel caso si riducano trattamenti fitosanitari sulla base di queste teorie e l’assenza di una presa di posizione pubblica da parte dello IAR, interpretata come un silenzio opportunistico, forse legato al clima pre-elettorale.

Lo IAR ha risposto con una nota ufficiale firmata dal presidente Piero Prola e dal direttore della sperimentazione Mauro Bassignana. L’Istituto rifiuta le insinuazioni di Bucci, definite «eticamente disonorevoli» e «professionalmente infamanti» e spiega di non voler dare pubblicità gratuita al prodotto e di non voler alimentare il vittimismo dei promotori, sottolineando che non ha attivato né intende attivare alcuna sperimentazione sul formulato, ritenendo che l’onere della prova spetti al venditore e non alla ricerca pubblica, ribadendo che avviare uno studio equivarrebbe, nell’opinione pubblica, a una validazione preventiva del prodotto. L’IAR ha invitato anche consultare il propri Piani delle attività di ricerca, sperimentazione e trasferimento tecnologico per verificare l’assenza di qualsiasi progetto in tal senso, respingendo sia le richieste di sperimentazione infondate sia le accuse del professor Bucci, riaffermando il proprio impegno per una ricerca scientifica rigorosa, libera e trasparente.
Il confronto evidenzia una frattura tra una richiesta popolare sostenuta da retoriche anti-scientifiche e la difesa della metodologia scientifica da parte di esperti e istituzioni. Bucci sollecita un ruolo attivo dell’IAR, che invece risponde con fermezza ma preferisce non alimentare ulteriormente il dibattito pubblico su una proposta ritenuta priva di valore scientifico.
La petizione online sull’acqua informata, lanciata per chiedere la ripresa delle sperimentazioni in Valle d’Aosta, ha raccolto poco più di mille firme in circa un mese, ma secondo quanto afferma l’Institut Agricole Régional nella sua risposta ufficiale, la raccolta non è stata limitata alla Valle d’Aosta, ma si è svolta sull’intera rete, cioè online e a livello nazionale o più ampio. La raccolta firme non ha alcun valore dal punto di vista scientifico: la scienza non procede per votazione, ma attraverso dati verificabili, sperimentazioni controllate e revisione tra pari. Un preparato o una tecnologia deve essere validata con prove rigorose, non con consenso popolare.
Dal punto di vista politico o comunicativo, la petizione può invece rappresentare un segnale d’opinione pubblica, utile a chi intende usarlo come strumento di pressione, avere un valore simbolico, specie se inserita in un contesto pre-elettorale, come suggerito da Enrico Bucci e mostrare l’esistenza di una domanda (anche se confusa) di “naturalità” e ritorno alle tradizioni, che può essere strumentalizzata.
Tuttavia, il numero delle firme è modesto e, come nota lo IAR, proviene da un contesto digitale ampio, non da una mobilitazione forte e diffusa nella comunità agricola valdostana. Quindi, anche a livello politico, il suo peso effettivo è limitato, salvo che non venga amplificato artificialmente nel dibattito pubblico o mediatico.

Sulla questione anche la testata online Open ha trattato la vicenda con un approfondimento nel suo format di fact-checking. Open ha riassunto alcuni test condotti su lattuga, riso e mais nel 2024, evidenziando risultati inconsistenti, con benefici solo per riso e lattuga, nulli per mais. L’analisi critica ne sottolinea la debolezza statistica e l’assenza di pubblicazione su riviste peer-reviewed. L’articolo cita la revisione condotta da Enrico Bucci, Pellegrino Conte, Roberto Defez e Silvano Fuso del Cicap e del Cnr, che smantella il metodo, trovando errori nel disegno sperimentale, ripetibilità insufficiente e confusione dei fattori sperimentali evidenziando anche gravi lacune nelle sperimentazioni, giudicandole insufficienti anche dal punto di vista statistico.
La copertura di Open descrive un’iniziativa ben pubblicizzata ma fragile dal punto di vista scientifico, con sperimentazioni discontinue e subito interrotte per mancanza di evidenze credibili.
Successivamente, anche Enrico Bucci è tornato di nuovo sull’argomento accogliendo positivamente il chiarimento, anche se ironicamente racconta di aver percepito inizialmente un «odore di zolfo», in riferimento al tono inizialmente polemico del comunicato. Bucci ha risposto all’IAR con sarcasmo, affermando che il suo intento era proprio quello di provocare una presa di posizione pubblica su una questione che rischiava di compromettere la credibilità scientifica dell’ente e di alimentare la pseudoscienza. Secondo Bucci, il silenzio istituzionale è pericoloso quando si tratta di pseudoscienze, specie se c’è chi tenta di legittimarle politicamente o commercialmente e rivendica il ruolo del ricercatore come “sveglia” contro l’ambiguità, anche se scomodo, e si dice soddisfatto che la pressione sua e di realtà come il Cicap, Open e altri abbiano prodotto un chiarimento necessario.
Enrico Bucci ha quindi accettato l’etichetta di “maligno” assegnatagli dallo IAR, perché ha ottenuto ciò che cercava: una posizione ufficiale e trasparente contro una pratica pseudoscientifica ed ha concluso ringraziando lo IAR per aver finalmente rotto il silenzio, anche se con un risveglio un po’ brusco.
Il comunicato stampa dell’Institut agricole régional sulla questione dell’acqua informata