Un impianto agrivoltaico da circa 20 ettari in località San Giacomo di Rocca Grimalda, in provincia di Alessandria, con pannelli alti oltre tre metri, terreno agricolo sottostante teoricamente coltivabile e un iter autorizzativo ancora aperto negli uffici della Provincia. Il progetto, proposto dalla società Ren 160 Srl, controllata dalla CVA, ha acceso negli ultimi giorni un dibattito politico.
Il tema è esploso durante l’incontro organizzato dal Partito Democratico di Ovada venerdì 21 novembre 2025, quando il deputato Federico Fornaro ha ricostruito la filiera societaria che porta a CVA, evidenziando che, dalla visura camerale emerge che Ren 160 Srl, con un capitale sociale di 1.500 euro e con sede a Genova è interamente controllata da Renergetica SpA, quotata su Euronext Growth Milan, specializzata nello sviluppo di impianti rinnovabili in Italia e all’estero, società che a sua volta è posseduta al 100% da CVA EOS, società del gruppo Compagnia Valdostana delle Acqua, controllata integralmente dalla finanziaria regionale Finaosta e quindi dalla Regione autonoma Valle d’Aosta: «la proprietà risale alla Regione Valle d’Aosta – ha sintetizzato Fornaro – è legittimo, ma politicamente inaccettabile sfruttare terreni agricoli piemontesi, in area buffer “Unesco”, per impianti che in Valle non si vogliono o non si possono fare».

I progetti di CVA in provincia di Alessandria
La presenza di CVA nell’Alessandrino non è una novità, dato che è già operativo un parco fotovoltaico a Castellazzo Bormida, dalla potenza di 5 MW, realizzato tramite una società veicolo collegata a Renergetica, completato nel 2023 nell’area dell’ex stabilimento Solvay, che fa parte del piano di espansione di CVA nel fotovoltaico di pianura.
Sono in valutazione o autorizzazione altri progetti fotovoltaici CVA nella stessa provincia, tra cui un impianto vicino a Castelspina, legato a CVA EOS, con la stessa Renergetica ha in pipeline ulteriori progetti nell’Alessandrino e nel Basso Piemonte, area considerata “ad alto irraggiamento e buona disponibilità di superfici pianeggianti”.
Il progetto di Rocca Grimalda è il primo esplicitamente “agrivoltaico”, con una configurazione, con pannelli rialzati e campi agricoli sottostanti, rientra nella strategia di sviluppo agrivoltaico introdotta dal Pnrr e dal decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica sull’innovazione energetica.
Le critiche locali: paesaggio, rete elettrica, rischio di speculazione
Oltre alla questione societaria, nel dibattito emergono altre preoccupazioni:
- impatto paesaggistico: l’area ricade nella buffer zone “Unesco” del sito “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte”;
- uso reale dell’area: come ha spiegato Lorenzo Lucchini della Consulta per il paesaggio, l’intenzione non sarebbe coltivare i terreni sotto i pannelli, ma utilizzarli per allevamento al pascolo, a pochi metri dalle abitazioni;
- infrastrutture elettriche insufficienti: si parla di installare un “Bes”, un accumulatore di energia con batterie al litio in container, con timori riguardo a rumore, consumo idrico e rischio incendio;
- saturazione regionale: il consigliere piemontese Domenico Ravetti ha ricordato che «il Piemonte ha già raggiunto il suo target di produzione da rinnovabili: questi progetti rispondono più al profitto che alla pianificazione»;
- appello al buon senso ecologico: per Legambiente, tramite Giacomo Briata, «la transizione energetica è necessaria, ma serve raziocinio: non ogni superficie disponibile deve diventare un impianto».

La posizione di CVA e Renergetica
CVA, tramite Renergetica, rivendica da tempo:
- un piano di sviluppo fotovoltaico fuori Valle, dove per conformazione geografica grandi impianti a terra non sono realizzabili;
- l’obiettivo di diversificare le fonti, integrando il grande patrimonio idroelettrico con solare ed eolico;
- la piena conformità normativa dei progetti, che seguono l’iter autorizzativo locale.
La questione non si chiude a Rocca Grimalda: il Piemonte, soprattutto l’Alessandrino, è diventato negli ultimi due anni un polo di investimenti nel fotovoltaico industriale da parte di operatori lombardi, liguri e valdostani.
Il caso Ren 160 – CVA solleva dunque un nodo politico più ampio: le Regioni montane, impossibilitate a installare grandi impianti solari, devono investire altrove? E se sì, come evitare conflitti territoriali e rischi di speculazione?











