Il Comune di Arnad ha perso anche in appello la causa contro Infrastrutture Wireless Italiane SpA (INWIT) sulla posa della nuova antenna per le telecomunicazioni, alta circa 30 metri, installata nell’area sportiva di fronte al ristorante “La Kiuva”.
Con la sentenza n. 7882/2025, pubblicata l’8 ottobre 2025, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha infatti respinto il ricorso dell’Amministrazione comunale ed ha confermato la decisione del Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Valle d’Aosta n. 14/2024, che già aveva dato ragione alla società.
Cosa è successo
INWIT aveva presentato il 16 gennaio 2023 un’istanza unica allo Sportello unico degli Enti locali (Suel) per realizzare una stazione radio base in zona Eg26 del Piano regolatore comunale di Arnad. Il Comune aveva chiesto integrazioni documentali e poi, l’8 giugno 2023, aveva archiviato il procedimento, sostenendo che la società non avesse prodotto quanto richiesto.
La società aveva impugnato gli atti sostenendo che:
- le richieste del Comune andavano oltre quanto consente la normativa sulle comunicazioni elettroniche;
- l’archiviazione era illegittima;
- il Comune stava di fatto cercando di bloccare l’impianto senza assumere una decisione formale.
Il Tar, a febbraio 2024, aveva riconosciuto che il Comune era obbligato a chiudere il procedimento con un provvedimento esplicito e non poteva semplicemente fermarsi a metà strada. Il Comune ha fatto appello, ma Palazzo Spada gli ha dato torto punto per punto.
Il nodo giuridico: cosa possono (e cosa non possono) chiedere i Comuni
Il Consiglio di Stato ha chiarito che per le infrastrutture di telecomunicazione vale la procedura speciale prevista dall’articolo 44 del Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 259/2003).
Questa norma stabilisce che:
- il responsabile del procedimento può chiedere integrazioni una sola volta;
- lo può fare entro 15 giorni dalla domanda iniziale;
- successive richieste di nuovi documenti sono illegittime.

Ad Arnad è andata diversamente. Dopo la domanda di INWIT di metà gennaio 2023, il Comune ha formulato una prima richiesta di integrazione a fine febbraio, poi una seconda (più ampia) il 4 aprile 2023, chiedendo ulteriore documentazione e sostenendo che la società dovesse provare “la necessità” dell’impianto in quella posizione. L’8 giugno 2023 il Suel ha infine comunicato l’archiviazione della pratica.
Per i giudici questa catena procedurale viola l’articolo 44: il Comune ha continuato a dilatare l’istruttoria con richieste non previste e poi ha usato la mancata risposta per archiviare.
Non solo: il Consiglio di Stato ha aggiunto un punto politico-amministrativo molto chiaro: un Comune non può pretendere che l’operatore “dimostri la necessità” della nuova stazione radio base.
Secondo la sentenza, l’idea che il privato debba prima spiegare perché l’impianto è indispensabile “non trova riscontro in alcuna norma primaria” ed è in contrasto con i principi nazionali ed europei sulle reti di comunicazione elettronica. In altre parole: le reti di telecomunicazione sono considerate opere di interesse pubblico e non possono essere bloccate con filtri discrezionali locali.
I giudici ricordano infatti che:
- le infrastrutture per reti pubbliche di comunicazione sono assimilate alle opere di urbanizzazione primaria (art. 86 d.lgs. 259/2003);
- i Comuni possono regolamentare il corretto inserimento urbanistico e minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici solo per siti sensibili e in modo puntuale, ma non possono introdurre divieti generalizzati di localizzazione sul proprio territorio (principio già fissato dalla legge nazionale sui campi elettromagnetici, legge 36/2001, come modificata nel 2020, e dalla giurisprudenza costituzionale).
Tradotto: il Comune può dire “non vicino a scuole o ospedali” se lo prevede il regolamento, ma non può dire “qui non serve, mettetevela da un’altra parte” caso per caso.

Il tema della posizione e dell’impatto paesaggistico
L’Amministrazione comunale aveva sostenuto che la nuova antenna fosse:
- non necessaria, perché a circa 120 metri di distanza, dietro il campo sportivo, esiste già un’altra infrastruttura simile, alta in modo analogo;
- impattante dal punto di vista paesaggistico.
Per il Consiglio di Stato però questo argomento non è decisivo. Anche nelle Regioni a Statuto speciale, come la Valle d’Aosta, la disciplina nazionale e comunitaria sulle telecomunicazioni prevale sulle regole urbanistiche locali quando si tratta di garantire lo sviluppo delle reti. Le reti tlc sono considerate un servizio pubblico essenziale e, scrivono i giudici, possono essere installate anche in aree del Piano regolatore destinate a servizi di pubblico interesse, se migliorano “gli standard qualitativi e quantitativi dei servizi offerti alla popolazione residente e fluttuante”.
Il tribunale, quindi, ha confermato che la zona Eg26 non è automaticamente vietata all’installazione e che chiedere alla società una “prova di necessità” dell’impianto non è legittimo.
Effetti pratici
L’effetto immediato della sentenza è duplice:
- l’appello è respinto;
- il Comune di Arnad è condannato a rifondere a INWIT le spese di lite in appello, pari a 2.000 euro oltre accessori di legge.
In realtà l’impianto, cioè la cosiddetta “mega antenna” alta una trentina di metri, è già stato installato nell’estate 2024 davanti alla Kiuva. Il Comune aveva comunque proseguito la battaglia legale. In Consiglio comunale, giovedì 23 ottobre, è stato approvato il riconoscimento di un debito fuori bilancio da 2.800 euro relativo alle spese del contenzioso. Secondo l’Amministrazione, tra incarichi legali, perizie e spese vive, la causa è già costata circa 15 mila euro, cifra significativa per un Comune di piccole dimensioni.

Le posizioni in Comune
Il sindaco Alexandre Bertolin ha difeso la scelta di aver fatto ricorso fino in fondo: «anche se abbiamo perso, resto convinto che fosse giusto opporci. Non possiamo accettare che aziende che si appellano alla normativa statale possano imporsi su un Comune, bypassando la pianificazione locale. Le sentenze si rispettano, ma la nostra contrarietà rimane. I soldi spesi per difendere il territorio non sono soldi sprecati».
Bertolin ha insistitp su un punto politico più ampio, il fatto che Arnad non rappresenti un caso isolato: «ogni Comune valdostano si è trovato a combattere da solo la sua piccola battaglia. Servirebbe una regia regionale stabile per trattare con lo Stato e con gli operatori, e regole chiare che permettano di tutelare il territorio. Bisogna aprire un tavolo di lavoro comune».
La minoranza ha votato a favore del riconoscimento del debito fuori bilancio, ma ha criticato la linea scelta: «noi non avremmo perseguito il ricorso – ha detto la consigliera Enrica Janin – si sapeva fin dall’inizio che l’esito sarebbe stato questo».
La reazione del Cpel
Dopo la pubblicazione della sentenza, anche il Consorzio degli Enti locali della Valle d’Aosta (Cpel) è intervenuto, ribadendo la preoccupazione dei sindaci per il fatto che la disciplina speciale sulle telecomunicazioni «limita fortemente la possibilità dei Comuni di decidere dove e come installare infrastrutture molto impattanti sul territorio».
Il Cpel chiede che nelle sedi istituzionali venga riconosciuto «il ruolo centrale degli enti locali nella gestione del territorio» e che si apra un confronto politico e normativo, perché «oggi i Comuni hanno margini molto ridotti per dire no o per chiedere soluzioni alternative».
In sintesi:
- INWIT ha vinto definitivamente il contenzioso;
- il Comune non può bloccare l’antenna chiedendo di dimostrarne “la necessità”;
- la rete mobile è considerata infrastruttura di interesse pubblico primario, con tutela nazionale;
- Arnad paga le spese, ma alza il livello dello scontro: «serve una regia regionale, non possiamo essere lasciati soli».








