Il referendum conferma le tre preferenze, ma trionfa l’astensionismo

Il voto al referendum confermativo

Il referendum confermativo sulla nuova legge elettorale valdostana si è chiuso con un risultato netto ma mesto. Solo il 16,02% degli elettori (16.892 su 105.054) si è recato alle urne, una débâcle di partecipazione che solleva interrogativi sulla legittimazione democratica e sul rapporto fra cittadini e Istituzioni.

Il “sì” alla reintroduzione delle tre preferenze, con alternanza di genere obbligatoria, ha prevalso con il 52,14% (8.655 voti), contro il 47,86% del “no”, con uno scarto di circa 700 voti. Tuttavia ad Aosta ha prevalso il “no” con il 56,5%, con un’affluenza al 14,47%.

Reazioni politiche: un panorama frammentato

L’Union Valdôtaine rivendica il risultato come conferma della bontà della riforma approvata dal Consiglio regionale lo scorso febbraio: «le tre preferenze valorizzano giovani e donne e garantiscono una rappresentanza più equilibrata dell’intero territorio», ha affermato  il movimento autonomista, che ha anche sottolineato come la legge favorisca «lo spirito di squadra» e «non escluda nessuno». L’UV ammette però che l’affluenza è stata inferiore alle attese e accusa i promotori del “no” di «aver deviato il dibattito verso temi estranei al quesito», confondendo l’elettorato.

Avs ed Europa Verde leggono la consultazione come un fallimento politico della maggioranza: «indire il referendum nella settimana di ferragosto è stata un’arroganza politica», hanno affermato, accusando il presidente della Regione, Renzo Testolin e l’UV di aver scelto «la data peggiore possibile» per favorire l’astensione. Secondo Avs, il “sì” è stato approvato «da ben pochi valdostani sui 105mila aventi diritto», un segnale di «rifiuto popolare». Rivendicano di essere stati «l’unica forza a condurre una vera campagna per il “no”» e annunciano che, in caso di governo, riproporranno «una vera riforma elettorale».

Un'urna del referendum confermativo
Un’urna del referendum confermativo

Valle d’Aosta Aperta vede nella vittoria del sì alla preferenza di genere «l’unica nota positiva» di un percorso legislativo caotico: «la modifica è stata improvvisata dalla maggioranza UV–PD all’ultimo minuto, senza affrontare seriamente la questione della rappresentanza» hanno accusato. Puntano il dito anche contro le opposizioni: «la Lega ha chiesto il referendum senza reale convinzione, mentre Avs e Fratelli d’Italia non sono nemmeno riusciti a raccogliere le firme» ribadendo che «la democrazia vive di partecipazione attiva» e che il loro impegno per la piena parità di genere «continuerà oltre questa consultazione».

Il Partito Democratico ha rivendicato la scelta politica: «passare da una a tre preferenze è un segno di civiltà» ha affermato il segretario Luca Tonino, che ha ricordato che il PD abbia sostenuto la legge in Consiglio Valle e il “sì” in campagna elettorale. «Quando la politica si sposta nelle aule giudiziarie perde» ha aggiunto, valutando come la bassa affluenza vada letta anche come «effetto della data e della novità dello strumento referendario confermativo».

Forza Italia con la segretaria regionale Emily Rini ha confermato di aver sempre ritenuto il referendum «inutile» e, solo in extremis, di aver invitato a votare “sì”: «il 16% di affluenza è una sconfitta per la politica e allontana i cittadini», ha osservato, chiedendo di riportare il dibattito su «temi concreti come sanità, trasporti e turismo», criticando l’uso di risorse pubbliche per una consultazione «che si poteva evitare».

Fratelli d’Italia con il coordinatore regionale Alberto Zucchi ha giudicato il risultato «una vittoria risicata spacciata per plebiscito» sottolineando che «Aosta e i centri più popolati hanno votato in maggioranza “no”» e definendo «ridicola» la scelta della data. Alberto Zucchi ha ricordato che, a loro avviso, il referendum «doveva essere accorpato a un election day per risparmiare». avvertendo Renzo Testolin che «se ci saranno conseguenze giuridiche sulla convalida del voto di settembre, dovrà risponderne politicamente».

Le schede per il referendum confermativo
Le schede per il referendum confermativo

Rassemblement Valdôtain con Stefano Aggravi ha interpretato l’astensione come «un segnale preoccupante per la salute democratica» aggiungendo che «la materia elettorale è percepita come distante e tecnica, ma riguarda le regole comuni su cui si fonda la democrazia», invitando le forze politiche a «riappropriarsi della responsabilità delle scelte istituzionali» e mettendo in guardia sui possibili ricorsi, che «potrebbero aggravare la sfiducia».

Jean-Pierre Guichardaz, assessore regionale ai beni e attività culturali, ha quindi ricostruito il percorso referendario, contestualizzandolo: «il referendum l’hanno voluto forze dall’estrema sinistra all’estrema destra, incapaci di completare la raccolta firme da sole, e oggi parlano di “Caporetto” per la maggioranza – ha scritto sui social – la data in pieno agosto è stata conseguenza di tempi tecnici, non di una nostra scelta. Non è una legge perfetta, ma è un passo avanti».
Guichardaz, unico membro della Giunta regionale ad esprimersi pubblicamente sul referendum, ha rivendicato la coerenza della maggioranza «nel non piegarsi a logiche nazionali» ed ha ricordato le politiche realizzate in cinque anni di Governo, «dai ristori covid agli investimenti in scuola, cultura e innovazione».
Sul voto del prossimo 28 settembre ha annunciato: «sarà una scelta vera, in cui ogni voto conterà, e i cittadini sapranno valutare sulla base delle cose fatte, non delle promesse facili».

Infine, Leonardo Lotto, segretario regionale di Azione, definisce il referendum confermativo «una sconfitta per tutti»: denaro pubblico speso per una consultazione tecnica in pieno agosto, con scarsa informazione e affluenza sotto il 20%. Per Lotto, hanno perso i sostenitori del “no”, costretti ora a votare con la tripla preferenza, e anche il fronte del “sì”, che pur unito ha raccolto solo il 52%: «la politica deve avere il coraggio di decidere – ha concluso – non scaricare scelte complesse su referendum mal progettati».

In sintesi

  • vittoria di misura del “sì”, ma con affluenza minima: la vera vincitrice è l’astensione;
  • divisione territoriale netta: Aosta e i centri maggiori tendono al “no”;
  • maggioranza e opposizione si scambiano accuse, ma convergono nel criticare la data della consultazione;
  • sullo sfondo, possibili ricorsi sul voto regionale del 28 settembre, in cui ogni preferenza conterà davvero.

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