Polemica per la sospensione, alla “Cidac”, della vendita delle mascherine chirurgiche: «nessuna speculazione, ne abbiamo donate 70mila»

Scritto da aostapresse

2 Maggio 2020 - 19:15
Gli avvisi sulle mascherine all'ingresso del supermercato 'Gros Cidac' di Aosta

E’ durato tre giorni lo “stop” della vendita delle mascherine monouso da parte del supermercato “Gros Cidac Srl” di Aosta dopo la pubblicazione, domenica 26 aprile, dell’ordinanza del commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica “covid-19”, Domenico Arcuri, che ha imposto a cinquanta centesimi di euro, al netto dell’IVA, il prezzo finale di vendita al consumo della mascherina “chirurgica”.

Arcuri ha imposto il prezzo a causa della “necessità di assicurare la massima diffusione dei dispositivi di protezione individuale, anche in ragione del prevedibile aumento della domanda di mascherine “chirurgiche” in esito al prossimo avvio della cosiddetta fase 2″ e dato che “tale aumento della domanda potrebbe comportare, per le mascherine “chirurgiche”, ritenute “beni strumentali utili a fronteggiare l’emergenza” e, quindi, beni di primaria necessità, una lievitazione ingiustificabile dei prezzi al consumo, tale da pregiudicare il più ampio accesso a tale tipologia di dispositivi e, conseguentemente, la piena efficacia delle misure di contrasto programmate” bloccando così sul nascere una possibile “ingiustificabile lievitazione dei prezzi al consumo di detti prodotti”.

Nella giornata di martedì 28 aprile a venerdì 1° maggio i clienti che entravano nel supermercato potevano leggere l’avviso che, per quanto riguardava la “mascherina monouso 3 veli”, indicava che “a causa dell’ordinanza del 26 aprile siamo stati costretti a sospendere le vendite in quanto il prezzo imposto di 0,50 + IVA è inferiore al prezzo di acquisto. Sperando in una rapida soluzione, ci scusiamo per il disservizio”, con a fianco un secondo avviso sulla disponibilità “alle casse” di “mascherina monouso ffp2 non sterile, in confezione singola trasparente”.
La sospensione della vendita ha provocato ampie discussioni sulla pagina “Facebook” della “Cidac”, con oltre trecento commenti ai vari post sull’argomento: «le mascherine sono le stesse, certificate, dei lotti già acquistati – si legge – abbiamo deciso di vendere le scorte in perdita per non lasciarvi senza troppo a lungo. Per il futuro venderemo solo se saremo certi di avere dal commissario straordinario le nuove maschere che saranno prodotte in Italia. Gli importatori che usavamo non consegneranno più, purtroppo».

L’ordinanza sul prezzo delle mascherine

Alle obiezioni che accusavano la “Cidac”, da parte di Mario Jr Nardi, chirurgo dirigente della Struttura di chirurgia generale dell’ospedale “Parini” di Aosta di un «brutto atteggiamento che fa pendant con il rifiuto dei consiglieri regionali sul taglio stipendi» è stato risposto che «abbiamo donato 70mila mascherine alla vostra Ausl ed a Forze di Pronto intervento. Forse l’idea che stiamo speculando su questi articoli dovrebbe tener conto di ciò, della nostra disponibilità a creare (giustamente) corsie privilegiate per lei e i suoi colleghi, sempre in accordo con l’Azienda sanitaria, e del nostro impegno nel fornire le mascherine ai dipendenti (tra l’altro, diversi tra loro stanno scrivendo commenti positivi in merito alle garanzie sul posto di lavoro… non è tutto e solo profitto, come vede). Peraltro, diversi set delle mascherine in vendita erano “ffp2” e lei sa bene che non le abbiamo certo acquistate a 50 centesimi. Aggiungiamo che non abbiamo mai scritto di non voler più vendere mascherine o di non voler calmierare i prezzi, ma solo di voler riflettere sulla gestione della cosa (peraltro anche in contatto con “Federfarma” che ha difficoltà analoghe). Non pretendiamo d’essere nel giusto, ma, forse, meriteremmo meno acrimonia».

«Il problema è che fa irritare il vostro post Facebook in cui sottolineate che non avrete in vendita più mascherine per problemi di rendita nelle vendite dell’articolo – ribatte il medico del “Parini” – sembra come un lamento per una ingiustizia subita… E’ diventato un bene così importante che dovreste trovare un qualche accordo per renderlo comunque vendibile. Tengo poi a sottolineare che non siete stati gli unici ad avere corsie preferenziali per i medici. Così hanno fatto anche altri supermercati».
«Se lei legge i nostri post degli ultimi giorni – ha insistito il social media manager del supermercato aostano – vedrà che abbiamo sempre scritto con finalità informative e non di lamento. E se rilegge il post che stiamo commentando vedrà che parliamo di “sospensione della vendita”, di “sperare in una rapida soluzione”. Non siamo ultimativi, né (a nostro avviso) irritanti e, certo, non parliamo di ingiustizie… stiamo ragionando su come gestire la cosa. La ragione è il prezzo imposto ? Certo… e ragionano così anche in moltissime farmacie, ma non con occhio torvo al profitto (come altri stanno scrivendo da ore), visto che il margine, dopo la donazione delle 70mila non è certo il nostro focus. Certo che anche altri hanno creato corsie preferenziali per voi… e hanno fatto molto bene… ma non era un obbligo, se non etico e ci spiace che lei legga un tono così negativo in un post informativo. Diversi nostri dipendenti (che conoscono il nostro vero mood) si stanno esprimendo in modo anche più netto di noi in favore dell’azienda… questo non la convincerà di certo, ma potrebbe porle qualche dubbio sulle finalità della nostra comunicazione».
«Chi le scrive ha lavorato per molti anni all’interno della sua azienda – ricorda poi l’addetto alla comunicazione “social” della Cidac – e ha conosciuto anche lì difetti di comunicazione, cercando sempre di comprenderli e giustificarli, almeno in termini di buona fede. Francamente, non giudichiamo la sua opinione, cerchiamo di replicare con le nostre… ma ogni volta troviamo contro-repliche dai toni spiacevoli. La nostra Direzione è a sua disposizione per qualsiasi ulteriore spiegazione, visto che lei, palesemente, non ci ritiene all’altezza della sua etica».

Che la donazione della “Cidac” possa essere una goccia nel mare (le mascherine chirurgiche sono “monouso”) è evidente anche dalla scelta dell’Azienda Usl che nella giornata di mercoledì 29 aprile ha indetto una procedura negoziata d’urgenza “per la fornitura di dispositivi di protezione individuale per emergenza covid-19” dal valore di 259.786,80 euro.
La stessa Azienda sanitaria valdostana è anche cliente del supermercato: lo scorso 6 aprile era stata affidata, “mediante procedura di somma urgenza e di Protezione civile” alla “ditta Gros Cidac Srl” la “fornitura di generi alimentari e di materiale di pulizia da destinarsi al personale medico ed infermieristico inviato dal Dipartimento della Protezione civile a supporto delle Strutture sanitarie locali” per una spesa di 2.328,82 euro, così come il 22 aprile, sempre con “affidamento diretto”, la “società Gros Cidac Srl” è stata scelta “per la fornitura di mascherine “ffp2″ da assegnare in dotazione al Nucleo nbcr del Corpo valdostano dei Vigili del fuoco, in relazione all’emergenza epidemiologica da covid-2019”, per una spesa complessiva di euro 7.203 euro.

«Inviteremmo a riflettere sul fatto che chi dona 70mila mascherine a sanitari e Forze dell’ordine – si legge ancora sulla pagina “Facebook” della “Cidac”, in risposta alle diverse obiezioni – non sta certo realizzando grossi guadagni sulle stesse. Oltretutto, alcune delle nostre mascherine sono sanificabili o di tipo “ffp2”, quindi è impensabile rimetterle in vendita a 50 centesimi».
«Purtroppo lo Stato ha messo un comprensibile freno – viene ancora precisato – ma i nuovi canali d’acquisto (interni) sono tutti da verificare (i vecchi fornitori non consegneranno più). In più, la grande distribuzione (a differenza delle farmacie) non ha ancora la certezza di avere rimborsi sugli stock già acquistati. Noi, comunque abbiamo ripreso la vendita al pezzo imposto, anche se in perdita e dopo averne donate 70mila. Le intenzioni del prezzo imposto erano buone, ma i meccanismi sono ancora da sistemare».

Nella serata di giovedì 30 aprile viene infatti annunciato, sempre su “Facebook”, che «grazie all’impegno di aziende italiane che hanno scavalcato ostacoli e assunto rischi economici nell’importare le mascherine altrimenti irreperibili sul mercato italiano, abbiamo potuto garantire la vendita a prezzi non speculativi e donato 70mila dispositivi tra Ausl e Forze dell’ordine».
«Dopo la conferenza stampa del 28 aprile del commissario straordinario emergenza “covid-19”, dottor Arcuri – si legge ancora – questi stessi fornitori hanno annullato i nostri ordini già concordati per loro non più sostenibili e comunicato il termine delle importazioni. “Cidac”, da domani, metterà comunque in vendita le mascherine al prezzo imposto di 50 centesimi più IVA, pur se acquistate a prezzo maggiore e senza accordi certi di rimborso dallo Stato alla grande distribuzione. Saranno le ultime per noi reperibili sul libero mercato. Per dare continuità alle vendite abbiamo avanzato richiesta di forniture immediate, continue ed adeguate agli enti preposti (Protezione civile e Regione) poiché il commissario straordinario ha parlato di un piano produttivo nazionale per le soddisfare le necessità della popolazione. Speriamo di essere ascoltati per poter continuare a dotare il nostro personale delle mascherine obbligatorie e consentire ai clienti di reperirle da noi».

«In questi giorni stiamo cercando di informare l’utenza il più possibile su tutti i temi più o meno connessi con l’emergenza sanitaria – sottolinea il supermercato sul “social network” – la tensione di questo periodo avvelena un po’ le tastiere. Non lo avremmo mai fatto se non fosse che diversi tra voi ci hanno accusati di essere degli speculatori sulla vicenda “coronavirus”… non è un problema di bella reputazione, è che l’unico modo di far capire a chi ti dice che vuoi guadagnare sulla pandemia è mostrare che il dono di 70mila mascherine ha certo annullato i vantaggi… a volte bisogna usare il linguaggio di chi ti manda contumelie in pubblico». «Troppa gente ha troppa fretta di linciarci… benché di mascherine ne avessimo donate 70mila».

«Se volessimo speculare sull’articolo non ne avremmo già donate 70mila all’Ausl e alle Forze dell’ordine, non crede? – rimarca ancora il social media manager della “Cidac” – il prezzo imposto non ferma tanto noi, quanto gli importatori che le pagano 60 o più, peraltro esponendosi al pagamento anticipato e difficilmente ci riforniranno ancora». «Chiedere a più importatori esteri di esporsi in anticipazione per più ordini successivi e lavorare quasi un mese (c’era stato pure un blocco alle frontiere) per l’import di lotti fino a 70mila pezzi e pensare che questa sia solo un’operazione di marketing è, per lo meno, semplificatorio… non può essere solo un’operazione di marketing e, peraltro, non funzionerebbe, visto che, in diversi, davanti alla semplice sospensione degradano, in pochi minuti, la stessa donazione a livello di “mero marketing»
«Non è nostro costume nascondere le nostre dinamiche ai clienti o cercare false motivazioni – conclude – certo, fa molto pensare che qualche giorno fa siamo stati apprezzati per le 70mila mascherine donate e ora una nostra riflessione sul tema e sulla sua gestione scateni critiche e aggressioni verbali».


Fonti: pagina “Facebook” della “Gros Cidac Srl”, determinazione dirigenziale dell’Azienda Usl della Valle d’Aosta n. 338 del 29/04/2020, provvedimenti dirigenziali della Regione autonoma Valle d’Aosta n. 1414 del 06/04/2020 e n.1759 del 22/04/2020

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