Sette sindacati di medici contestano la gestione dell’emergenza sanitaria da parte dell’Usl e chiedono il coinvolgimento per la “fase 2”

Scritto da aostapresse

1 Maggio 2020 - 18:50
L'ospedale 'Parini' di Aosta

“Nei giorni in cui si festeggiano il lavoro ed i lavoratori, nel momento più difficile per l’intero Paese, le organizzazioni sindacali esprimono la loro preoccupazione per il futuro”. Inizia così una nota diffusa venerdì 1° maggio dai sindacati della Dirigenza medica, sanitaria, veterinaria pubblica ospedaliera “Aaroi-Emac, Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani e Medici dell’emergenza e dell’area critica”, “Cimo, Confederazione italiana medici ospedalieri”, “Funzione pubblica – Cgil medici”, “Fesmed, Federazione sindacale medici dirigenti”, “Fvm-Sivemp, Federazione veterinari medici e dirigenti sanitari – Sindacato italiano veterinari medicina pubblica” e “Snr-Fassid, federazione tra Aipac, Aupi, Simet, Sinafo, e Snr dirigenti”, sigle di “Associazione sindacale patologi clinici”, “Associazione unitaria psicologi italiani”, “Sindacato italiano medici del territorio”, “Sindacato nazionale farmacisti ospedalieri” e “Sindacato nazionale area radiologica”.

“Proprio così! Durante l’emergenza “covid-19”, anche in Valle d’Aosta i medici e tutti i sanitari sono stati definiti a più voci «eroi», «angeli» sia dalla politica, che dalla Direzione aziendale e dai cittadini – si legge – e mentre i cittadini hanno dato vita ad un concreto e spontaneo movimento di aiuto con raccolte fondi, la Direzione aziendale e la politica hanno inizialmente sottovalutato ed inseguito le inesorabili implicazioni della pandemia, per poi programmare presente e futuro della sanità pubblica ospedaliera e territoriale senza alcun coinvolgimento proprio degli “eroi” né tantomeno delle organizzazioni sindacali che li rappresentano”.

“Atteggiamento antisindacale da parte dell’Usl della Valle d’Aosta? – si chiedono quindi le sette sigle sindacali – Pare proprio di sì. Sino ad ora i sindacati non sono stati consultati o coinvolti dall’Azienda nelle scelte organizzative, delle quali sono venuti a conoscenza solo tramite i mezzi stampa. E nelle tre riunioni sindacali svoltesi in videoconferenza, convocate su specifica richiesta da parte delle organizzazioni sindacali, la Direzione strategica si è dimostrata scarsamente collaborativa e talvolta superficiale. A titolo esemplificativo, si riporta l’assenza di risposta alla puntuale richiesta di rendicontazione del numero dei tamponi eseguiti e loro distribuzione ai laboratori di altre regioni (e, ahi noi, anche di altri Stati) con relativi costi aggiuntivi; il mancato coinvolgimento nella pianificazione dei percorsi interni all’ospedale (ovvero la distribuzione interna dei pazienti positivi, negativi oppure ancora dubbi in attesa di tampone) così come la comunicazione degli stessi a chi nel frattempo doveva farli rispettare. Porte chiuse, muri abbattuti, ascensori dirottati, senza che la Direzione si fosse premurata di darne adeguata informativa”.

“È nel momento delle riaperture che i sindacati chiedono un maggior coinvolgimento – prosegue la nota – perché portano le voci di chi quegli ascensori li deve prendere, di chi ai pazienti deve dare delle risposte. In questa fase, in cui il picco emergenziale pare (e speriamo resti tale) lievemente calato, la carta vincente sarebbero l’accordo e la collaborazione che le organizzazioni sindacali cercano e alle quali invitano la Direzione aziendale. Ci si chiede se sia stato fatto tutto il possibile per contenere l’epidemia e se siano stati tutelati tutti i lavoratori. Se da un lato lo stato di emergenza ci ha colto impreparati, dall’altro dalla Direzione strategica di un’azienda con circa 2.500 dipendenti ci si aspetterebbe una maggior efficienza. La formazione all’uso dei “dpi” è giunta ad epidemia in corso, la formazione dei medici e del personale dei reparti “covid” è stata autogestita con incontri mediante teleconferenza e riunioni formative organizzate spontaneamente da alcuni colleghi, nonostante l’epidemia ci avesse dato almeno quindici giorni di tempo per adeguarci. Le stesse indicazioni sulle necessità di esecuzioni di tamponi su colleghi paucisintomatici non hanno avuto un indirizzo unico bensì una quasi “schizofrenica” alternanza”.

“Di queste contraddizioni è stato chiesto conto nelle opportune sedi – raccontano ancora i sindacati – nell’auspicio che emergessero dati, programmi concreti e analisi oggettive. Sono invece emersi solo comodi elogi del lavoro fatto, riportando la bassa prevalenza di dipendenti infettati (anche perché mai testati, nonostante ripetute richieste!) e adducendo lo stato di emergenza a giustificare ogni scelta fatta, ancorché antieconomica ed inefficiente. L’azienda non è solo ospedale: la gestione territoriale dell’emergenza, la limitazione delle ospedalizzazioni attraverso la gestione a domicilio è stata la chiave, purtroppo attivata in ritardo, per rendere più mite la già tragica ondata di malati ricoverati. Tuttavia, ancora in questi giorni, ci si chiede perché le microcomunità sul territorio continuino a non accettare pazienti anziani dimissibili dall’ospedale”.

“Formazione, protezione, informazione, pianificazione: questo ci si aspettava e solo parzialmente l’attesa è stata ripagata – precisa la nota – Fortunatamente l’abnegazione di ciascun collega ed i correttivi posti in corso d’opera hanno reso possibile il contenimento di quello che avrebbe potuto essere una tragedia ancor peggiore. Le organizzazioni sindacali prendono le distanze dagli atteggiamenti attuali e futuri di ostacolo ad un costruttivo confronto che può portare al tramutare questa crisi senza precedenti in una svolta epocale. Il mezzo della stampa non è la prima scelta, ma il sostegno dei cittadini è fondamentale per portare avanti la ristrutturazione di un’azienda sanitaria che è di tutti. Con questo comunicato i sindacati non chiedono soldi: chiedono di lavorare di più e di lavorare insieme ai vertici aziendali e alla Regione per costruire una sanità pubblica (e sottolineiamo “pubblica”) migliore, più efficiente e più sicura in Valle d’Aosta, una volta invidiata eccellenza. Quindi ben venga la presentazione ai media della “fase 2″, ma è auspicabile il coinvolgimento dei medici e sanitari che più di tutti dovranno convivere con questo terribile virus”.

“Infine, non si dimentichi la vocazione turistica della nostra regione che dovrebbe considerare anche il consueto incremento degli accessi ospedalieri nei periodi vacanzieri – rimarcano le sette sigle sindacali dei medici – la risposta ai traumi, alle urgenze e alle patologie tempo-dipendenti dovrà subire un’inesorabile ristrutturazione, per consentire un trattamento sicuro ed efficiente. Che sia davvero il momento che il progetto del nuovo ospedale prenda corpo? Che sia questa la strada per la separazione tra aree “covid” e “no covid”? Che sia giunta l’occasione di avere una struttura più versatile, più moderna, con viabilità e accessibilità maggiori (ad esempio con annessa postazione di atterraggio elisoccorso), invece di terminare chissà quando un cantiere a cielo aperto presente dal 2014 e di riunificare i presidi esistenti mediante gli ennesimi ampliamento e ristrutturazione del “Parini” che costerebbero 169 milioni 269mila 855 euro di fondi pubblici, con lavori sino al 2040?”.

“Probabilmente dare risposte a tali domande non è il ruolo dei medici e dei dirigenti sanitari né delle loro rappresentanze sindacali – conclude la nota – ma lo stimolo alla discussione in chiave costruttiva è fondamentale, anche perché l’ospedale è innanzitutto il luogo ove sono i sanitari a trascorrere buona parte della loro vita. In attesa che queste istanze trovino ascolto, le organizzazioni sindacali attendono di essere coinvolte, ascoltate e rispettate, in tavoli aziendali, regionali e tecnici”.

Fonte: “Anaao-Assomed” Valle d’Aosta

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